Girgenti, nella stessa guisa che Selinunte e Segesta , è una antica colonia greca , che i Romani chiamarono Agrigento. Essa infrattanto non occupa il sito dell’antica Agrigento, mentre è situata un poco più discosta dal mare sopra una collina. Dall’alto distinguesi sulla costa due tempi greci dell’antica Agrigento, la di loro architettura elegante e leggiera, si delinea il giorno come una tagliatura sul bel celestre del mare che fa il fondo del quadro. In tal maniera è che vedonsi da venti secoli e più immobili in mezzo della guerra degli elementi e delle nazioni, ma i sessantamila Greci che vivevano sotto la di loro ombra non sono più.
Il tempio della Concordia che alcuni dotti riconoscevano pel tempiodi Cerere è ben conservato: architrave, fregio , cornicia , frontispizio , tutto é al suo sito; come ancora le mura della Cella o santuario nel mezzo.
Questo tempio fu cambiato in chiesa, ma furono dismessi i tetti e le porte. Sulla facciata leggesi questa iscrizione.
Ferdinandi regis augustissimi providentia restitutum . anno 1781.
Scorgesi presso al tempio un’antica cisterna perfettamente conservata.
Il secondo tempio più picciolo del primo era dedicato a Giunone Lucina.
La sua forma è quella di un parallelogrammo come quella del tempio della Concordia. Vedesi vicino un terzo tempio, ed è quello di Giove Olimpico; esso è affatto in ruina. Questo tempio era ancora intero nel decimo secondo secolo, milleseicento anni dopo la sua costruzione, essendo stato edificato circa quattrocento quarant’anni avanti la nostra era. Le sue interne dimensioni erano di trecentosessanta piedi sopra centoquaranta, e ne aveva centoventi di altezza . Benchè esso fosse stato uno de’ più va sti tempi dell’ antichità , e che oggigiorno conserva il nome di Tempio de’ Giganti, non è affatto paragonabile a ‘moderni tempi de Cristiani ; e non fa d’uopo andare a cercare a Roma o altrove de’ termini di comparazione, mentre la stessa chiesa della moderna Girgenti è molto più gran de di questo preteso Tempio de giganti.
Quello ch’è veramente gigantesco in questi antichi edificii, non è punto l’assieme, ma i particolari; in questo tempio la base delle colonne, come benanche i loro capitelli dorici, hanno quattordici piedi e mezzo di diametro ; e le sole scannellature nasconderebbero un uomo ne’ loro cavi, tanto esse sono larghe e profonde. Queste colonne sono a basso – rilievo sul muro della Cella che anch’esso è di una enorme grossezza.
Vedesi fra le ruine una gigantesca testa con parte della spalla tagliata da un solo masso , come ancora altri frammenti del la stessa statua , cioè una sezione trasversale della gamba , una sezione longitudinale del corpo , un ginocchio , un gomito ec. Benchè questi diversi brani esaminati separatamente non sembrano avere alcun rapporto , pure l’ istinto classico à saputo metterli al lor posto , in modo da far ne un disegno di una bella cariatide. Cominciato cinque secoli avanti Gesù Cristo , questo tempio non mai era stato terminato per ragione di una guerra con Siracusa che fu fatale ad Agrigento . Non rinviensi nean che il minimo vestigio di altri edifici sulla superficie di questa terra : ma in qualunque parte che si scavi si ritrova delle mura , de’ mosaici , dei marmi.
In quanto all’estensione della città , essa è determinata dalle sue mura o piuttosto dalle rocce tagliate a guisa di mura che che la circondano. Queste mura di un sol pezzo sarebbero state eterne, senza le innumerabili tombe scavate nella lor grossezza per riporvi i grandi uomini di Agrigento; il che le rese troppo deboli; degli enormi massi son caduti nella vallata che domina la città, ed i resti di questi insigni uomini sono stati in tal guisa strappati dalle loro placide abitazioni.
Agrigento distinguesi nell’antichità fra le greche colonie della Sicilia per le sue ricchezze e per la magnificenza de’ suoi edificî; fu nel circuito delle sue mura che il crudele Falaride abbandonossi alle violenze della sua sanguinosa immaginazione. Il magnifico sarcofago della cattedrale , credesi che sia stato il suo. Tutto all’intorno eranvi delle picciole colonie repubblicane, nate sorelle, che la lor comune origine sembrava aver fatto amiche, ma i cui abitanti non cercavano che a distruggersi scambievolmente.
Guglielmo Villarosa, Il Mediterraneo con le sue isole e golfi, Napoli 1841