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Agrigento dove vinsero e vincono i vandali

9 Gennaio 2016 //  by Elio Di Bella

villa gaaribaldi2

di Elio Di Bella

Lo studioso agrigentino Giuseppe Picone ricorda nelle sue Memorie Storiche agrigentine che lo scultore Valerio Villareale, il Canova di Sicilia, “pianse amaramente” quando seppe che dei malandrini, durante i giorni terribili della rivoluzione del 1848 avevano di notte compiuto un terribile sacrilegio: la bella statua di Ferdinando primo, che aveva scolpito per Girgenti, quando la città volle ringraziare il sovrano per averla confermata nel titolo di capovalle (messo a rischio dalle pretese di Licata), era stata “gittata a terra, rotta, deformata, il piedistallo smantellato, né si conobbe a chi fossero serviti i frantumi”.

La storia della Città dei Templi è disseminata di atti vandalici.  Ma mentre oggi desta indignazione la scomparsa di due vasi di ceramica, nuovi di zecca,  posti lungo la ringhiera del Viale della Vittoria,   molto spesso episodi ben più gravi di questo sono passati sotto silenzio e nella più totale omertà e indifferenza.

Ricordiamo la sorte subita per motivi politici dal Monumento ai Caduti sorto nella Villa delle Rimembranze, poi chiamata Villa Bonfiglio. Vandalizzato subito dopo il patto ‘acciaio che unì l’Italia fascista alla Germania nazista. L’altorilievo raffigurante sul monumento ai Caduti nella villa Bonfiglio, il fante italiano che uccide con la baionetta il nemico austriaco venne ritenuto offensivo nei confronti del nuovo alleato germanico che aveva annesso l’Austria, e si decise di nascondere l’altorilievo con un lenzuolo, ma più volte questo si lacerava e quindi si prese la drastica decisione di rimuovere il soldato austriaco a colpi di scalpello, e qualche tempo dopo venne rimosso anche il fante italiano. Ecco perché noi oggi vediamo in questo lato dell’obelisco solo un informe blocco di marmo.

Ma se quella fu una decisione delle pubbliche autorità, la stupida gara che vedeva spesso impegnati giovinastri annoiati a tirare di fionda contro il naso del grande monumento a Cavour , che faceva bella mostra di sé nella omonima piazza, aveva invece per protagonisti  giovanissimi cittadini, senza senso civico, evidentemente. Più volte il naso venne rifatto ( e qualcuno allora pensava che fosse lo stesso marmista a invogliare i ragazzi a quella impresa così redditizia per lui). Finalmente   la statua venne… e da allora è sparita.    

Nella metà degli anni Sessanta venne rifatta la pavimentazione della piazza Cavour e per completare l’opera di decise di smontarla, momentaneamente. Da allora è sparita e dove sia finita, non si è più saputo. E’ questo uno degli X-file della città.

Insieme  vogliamo ricordare la distruzione e sparizione della facciata della Chiesa di Santa Rosalia, voluta questa dalla Chiesa e dalla sovrintendenza di allora perché erano caduti dei calcinacci. I pezzi della facciata,  di fattura seicentesca, custoditi per un certo tempo nei locali di una colonia estiva a San Leone, non si trovano più. E così la Chiesa ha perso definitivamente l’artistica facciata e si è ritrovata con squallidi mattoni.

Ma di sparizioni dopo atti di demolizione e di vandalismo ad Agrigento ve ne sono stati in tutti i tempi in gran numero.

Ci si chiede ancora che fine abbiano fatto il grande cancello della Villa Garibaldi e le belle statue che la abbellivano   la bellissima villa ottocentesca (molte di queste del Villareale)  quando venne abbattuta nei primi anni Cinquanta da dissennati amministratori. Ma, sia chiaro, ben pochi davvero si indignarono quando l’amministrazione democristiana fece arrivare le ruspe e distruggere una delle realtà più belle della città. Anzi venne applaudita (dai palazzinari soprattutto)   quella scelta modernista. L’unica voce contro fu quella dell’avvocato Malogioglio.

Vandalizzato e derubato fu in tempi diversi, ma soprattutto durante l’occupazione militare americana, il tesoro di monete antiche della settecentesca biblioteca Lucchesiana, descritto da tanti viaggiatori . Il monetiere venne fatto costruire da Andrea Lucchesi Palli per contenere la sua collezione numismatica : circa 1200 tra monete e medaglie greche, romane e puniche in oro, argento e bronzo. Nulla è arrivato a noi oggi. Tutte sparite nel tempo  quelle monete e medaglie e con esse anche molti testi antichi che vi si conservavano, come ci si rese conto solo alla fine del secolo XIX quando venne fatto un primo serio inventario. Ma già Pirandello aveva descritto con sdegno le precarie condizioni in cui versava quello straordinario patrimoni librario (rileggiamo Il Fu Mattia Pascal).

E che dire dei  molti vasi greci che oggi si trovano nei musei tedeschi ed americani, grazie a tombaroli che avevano connivenze notevoli con illustri personaggi agrigentini, compresi i ciantri della Cattedrale (vogliamo dimenticare il ciantro Panitteri e l’abate Vella ?).

Una lunga storia di distruzioni, che ha avuto spesso come protagonisti anche la stessa mano pubblica, e non solo giovinastri annoiati e barbari.

Il  Viale della Vittoria ha già conosciuto la sistematica distruzione dei vasi di ceramica la cui scomparsa dei nuovi oggi ci indigna. Nelle cartoline d’epoca di Cinquanta anni fa possiamo ammirare decine di vasi collocati lungo la stessa inferriata. Vennero uno dopo l’altro danneggiati o abbattuti da vandali e alla fine furono eliminati.

E ci fermiamo qua per evitare che l’elenco sia ancora più impietoso. I vandali probabilmente saranno sempre fra noi, solo l’amore per la cultura e per la nostra terra potrà fermarli.

Elio Di Bella

Categoria: Storia AgrigentoTag: agrigento storia

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