di Mario La Loggia
Allorché, alcuni mesi or sono, pervenne al pubblico giudizio il mio volume “Agrigento 1940-1960 – Cronaca di un ventennio”, molti, trovandolo – bontà loro – interessante, chiesero il perché io avessi ritenuto “invalicabile” il termine del 31 dicembre 1959.
E’ presto detto: il decennio successivo a quello da me esaminato, il 1960-1970, fu, per Agrigento altamente emotivizzante e, per molti versi, traumatico, perché in rapporto a quel che successe in quel periodo e specialmente all’evento del 19 luglio 1966, chiamato frana, ma che frana non fu affatto (!), si instaurò un vero e proprio processo politico contro tutta la burocrazia e tutta la classe dirigenziale della Città.
Si parlò di abusivismo edilizio e si disse, inventando tutto di sana pianta, che vi era stato un cumulo di licenze di fabbricazione “in deroga” ai regolamenti; si parlò di grattacieli che furono definiti spregevolmente “tolli”; si parlò di palazzinarismo; si parlò di cosche, di corrotti e di corruttori; e, di contro, di moralisti (da qual pulpito venne la predica !) e di giustizieri; si fecero opere colossali in deroga (queste sì !) a qualsiasi vincolo archeologico; si costruì un intero quartiere, autentico ghetto e covo di delinquenza; ecc. ecc.
Ho detto delle licenze edilizie, cosidette in deroga……….
Chi non sa la storia, potrebbe pensare che si trattò di concessioni in deroga a leggi o regolamenti, arbitrarie o cervellotiche, da parte delle amministrazioni dell’epoca; e poiché quelle amministrazioni furon dette democraticocristiane, ergo, “dagli all’untore”, contro la D.C.
Nulla di più inventato….. Do in succinto la storia e, quindi, la verità.
Il Consiglio Comunale di Agrigento, in alcuni anni di studio che vincolò due amministrazioni, quella di Altieri e quella di Lauretta, emanò un regolamento edilizio, sulla falsariga di quello di Milano, che fu approvato, dopo esauriente discussione, inviato all’organo di controllo, da qui alla Regione Siciliana, da questa restituito perché il testo fosse adeguato ad alcune norme urbanistiche, riesaminato dal Consiglio Comunale, di nuovo sottoposto alla Regione e da questa approvato con decreto interassessoriale, dopo il parere della Sezione Urbanistica del Provveditorato alle OO.PP.
In detto Regolamento, all’art. 39, fu stabilito che l’altezza massima dei fabbricati venisse fissata in metri 26, ma che l’altezza media non dovesse superare due volte e mezza la larghezza della strada, salvo deroghe speciali da esaminarsi caso per caso e da approvarsi dalla Giunta Comunale, dopo il parere favorevole della Commissione edilizia, con apposita deliberazione da sottoporre all’organo tutorio per il controllo di merito e di leggittimità: da notarsi, a scanso di perduranti, gratuiti equivoci, che le zone dove avrebbero potuto essere costruiti i fabbricati in deroga furono concordate dalla Amministrazione attiva con i Capigruppo Consiliari e indicate in una pianta colorata che fu distribuita a tutti i consiglieri comunali.
Le deroghe furono concesse, quindi, in osservanza a un regolamento edilizio comunale, dal Consiglio, rappresentante di tutta la Città, e approvato a larghissima maggioranza (30 voti favorevoli, 5 contrari, 5 assenti).
Non furono autorizzazioni di partito o del partito di maggioranza, come certa stampa, prezzolata e faziosa, alimentata da bene individuati politici, cercò di far credere: e i gonzi e i non informati vi credettero !
Ma codesto è un argomento che va approfondito, meglio sviscerato, documentato (e i documenti vi sono !), raccontato senza limitazioni di pagine o di tempo.
Dovranno essere esaminate, una per una, le concessioni ai sensi dell’art.39 del Regolamento Edilizio; dovranno essere individuate le zone in cui sono sorte le concessioni in deroga e constatare se la deroga corrispose al dettato dell’art.39: dovranno essere illustrati tutti i particolari, perché la storia, finalmente, sia acclarata e detta!
Ad ogni buon fine è giusto dare atto che tutti i presunti responsabili del “sacco di Agrigento” (così fu chiamato) Amministratori e Amministrativi, nonché i destinatari delle licenze, furono tutti assolti in istruttoria perché “il fatto loro addebitato non era sussistente” !
Più eclatante fu l’evento del 19 luglio 1966, per il quale, per oltre un decennio, fiumi di inchiostro si sono consumati in Italia e anche all’estero.
Per detto evento, dopo la spinta della medesima stampa scandalistica, furono nominate ben tre commissioni di indagini: una politica che faceva capo al Dott. Martuscelli, che l’Espresso del 16/10/1966 definì un “galantuomo dell’altro secolo inviato da Quintino Sella ad una conferenza di Liborio Spaventa”, che venne ad Agrigento per dimostrare un teorema prefabbricato e scritto nella segreteria dell’On. Mancini, Ministro del LL.PP., e che, pertanto, fu accompagnata da un “can can” di musica ad hoc; una seconda, tecnica, la Grappelli, la quale pur essendo stata nominata dallo stesso Ministro, per la sua natura e la sua composizione non poté essere addomesticata; una terza, giudiziaria, nominata dalla magistratura.
Si parlò di frana dovuta al “peso dei palazzi”, non rendendocisi conto della enormità e della banalità delle affermazioni; si prospettò anche la possibilità della influenza negativa di alcune cave di materiale per costruzioni, esistenti proprio a sud della zona incriminata, sulla funzione di contrafforte che la natura aveva assegnato a quel blocco calcarenitico; ma, principalmente, la relazione Martuscelli cadde in una tale serie di contraddizioni e di errori da essere oggetto di querela da parte del Sindaco pro-tempore Dott. Lauretta.
I “corifei” osannarono alle conclusioni della Martuscelli, che indicò nella classe dirigente dc. i responsabili del sacco di Agrigento; nessuno, o pochissimi, lesse il responso della Grappelli o quello del Giudice Istruttore, i quali indicarono in una deformazione, sino alla rottura, delle argille plioceniche, per fatti di assestamento, e per proprietà fisico meccaniche delle stesse argille, la causa di quell’evento. Nulla vi poté, quindi l’uomo ! Ma, per trattare esaurientemente codesto secondo capitolo, non un solo volume sarebbe necessario ma una serie di volumi non disgiunti da una efficienza fisica che comincia amancarmi: lascio ai più giovani, in conclusione, la trattazione analitica delle vicende di quel decennio.
Che, poi, non sono, codeste, le sole da menzionare nel periodo…….
V’è la nascita della Focetta, il night che fu definito “mitico” dai critici, che fu scuola di costume e di educazione oltre che di convivenza rispettosa tra ceti diversi; dove si alternarono i più celebrati cantanti e le più note orchestre….
La Focetta restò famosa anche per il processo che fu celebrato contro il Presidente dell’Azienda di Turismo dell’epoca – altri non era che chi scrive in atto – reo di aver promosso, per la eliminatoria del concorso per Miss Italia, una sfilata, in vetture tutte eguali messe a disposizione dalla Fiat, delle Misses concorrenti, in costume o in bikini…..Le denunce provennero dagli ambienti della stessa DC., in cui quel Presidente militava, dagli ambienti della Azione Cattolica e dagli stessi compagni di “corrente”: una sorta di faida e di tentato “fratricidio”. Ne parlò tutta Italia; le povere ragazze furono denunciate in concorso con il Presidente, ma poi tutti furono assolti perché “il fatto (cioè l’oltraggio al pudore) non era sussistito” !
Ed anche questo episodio occorrerebbe analizzare funditus, anche in considerazione del fatto che lo stesso clero si spaccò, e il Vescovo fu solidale, nientemeno, che con quel…. peccatore di presidente !
Ma in quel decennio ci fu anche l’inaugurazione del Museo Nazionale e qui tutta una serie di attacchi personali e di minacce contro il Prof. Pietro Griffo, un emerito Soprintendente ai Beni Culturali, che tante ricchezze aveva portato alla nostra città, tra cui appunto il meraviglioso museo nazionale.
Si fece carico al Griffo di avere costruito il Museo, scientemente, sopra il terreno che ricopriva il teatro greco, pregiudicando, così, per sempre, il ritrovamento di quelle vestigia: e ciò lo si fece, nonostante le ricerche che su quel punto erano state fatte da grossi nomi dell’Archeologia e dallo stesso Griffo e con esito negativo.
E poi si cominciò a parlare della perimetrazione della Valle dei Templi, argomento di cui ancora, a torto o a ragione, si parla tuttavia……
Il Dott. Griffo fu costretto a fuggire, anche se, da quel signore che è sempre stato, egli disse di aver chiesto trasferimento in una sede universitaria….
E, infine, un altro argomento, di tipo diverso, da sottoporre a studio: la società agrigentina dal punto di vista sociologico. Ne ho accennato nel mio libro, ma bisogna che altri, con maggiore competenza di me, la sottopongano ad analisi spietata dal punto di vista storico-etnografico: la società agrigentina è una società particolare, fredda anemotiva, distaccata, chiusa, vorrei dire indifferente anche a grandi fenomeni o avvenimenti eccezionali, “barbiturizzata”, come l’ho definita io, probabilmente per il molto sangue arabo che scorre nelle sue vene……
E allorché, alla fine degli anni sessanta, scoppiò in tutta la penisola, veemente, pieno di prospettive e di speranze, il movimento sessantottino degli studenti, una cui frangia deviò, poi, verso il brigatismo rosso, e in ogni provincia vi fu un nucleo che si distinse per attività ed intraprendenza, in Agrigento non successe nulla…..
Qualcuno oggi si autodefinisce sessantottino per “carità di patria”, come suol dirsi: e in effetti si tratta di giovani che divennero sesssantottini a Pisa o a Padova, trovandosi colà per gli studi universitari e che poi, rientrati in sede, finsero di esser divenuti tali nella nostra città…..
Anche ciò merita maggiori indagini e studi più analitici….
Ecco perché mi sono fermato al Dicembre 1959: spero che giovani di ingegno, colti o desiderosi di diventarlo, affrontino l’ulteriore decennio o, meglio, il ventennio 1960-1980, ma attingendo ai ricordi di chi quei periodi abbia personalmente vissuto: perché scrivere di storia, raccogliendo notizie dalla viva voce degli attori (che, però, per ragioni di tempo sono in via di estinzione, onde occorre far presto !), consente di effettuare maggiori approfondimenti e di ottenere dettagli più palpitanti che non leggendo atti e documenti polverosi e muti o conversando con spettatori occasionali o asettici !
fonte rivista “Agrigentini a Roma e altrove”