Uno degli interventi più validi realizzati in via Atenea dal governo borbonico nel secolo scorso è certamente la Casina Empedoclea (oggi Circolo Empedocleo). Luogo d’incontro privilegiato lungo tutto il secolo scorso dall’aristocrazia agrigentina filo-borbonica e successivamente dal ceto borghese liberale.
Correva, infatti, l’anno 1835 quando alcuni notabili di Girgenti maturarono l’idea di dare una svolta ai loro noiosi pomeriggi e di costituire una Casina in cui ritrovarsi per dedicarsi ad oneste conversazioni e scacciare i pensieri del giorno con un mazzo di carte o inseguendo la ruota di una roulette.
Il disegno del nuovo edificio venne realizzato dal più celebre artista agrigentino di quel periodo, Raffaele Politi. Sua è la facciata che ancora oggi ammiriamo. Essa venne edificata a spese del Comune. Atti conservati presso l’archivio di Stato di Agrigento ci dicono, infatti, che i lavori vennero affidati al capomastro Giuseppe Bonsignore. Costo complessivo dell’opera: 58 onze, 14 tarì e 5 grani.
Il nuovo circolo venne a riempire lo spazio del piano della Riconoscenza (oggi piazza San Giuseppe), dove qualche anno prima gli Agrigentini avevano posto una bella statua raffigurante il sovrano Francesco I, che era stata realizzata dallo scultore Villareale.
L’edificio in cui la Casina fu costruita apparteneva al nobile Antonino Vullo, il quale deliberò il primo settembre 1835 la “costruzione della nuova fabbrica” e redasse con alcuni amici lo Statuto di fondazione del nuovo aristocratico sodalizio. Don Agostino Lombardi e il vice console francese Luigi Granet sponsorizzarono – diremmo oggi – l’iniziativa.
La finalità principale per la quale venne promossa l’iniziativa è tutta contenuta nel primo articolo dello Statuto (stampato a Palermo nel 1838): “I soci, comportandosi colla solita loro decenza, trattenendosi nel casino, procureranno di non entrare in discussione per oggetti estranei allo scopo della società, che deve consistere in una onesta conversazione diretta a discorsi piacevoli e letterari, evitando qualsiasi anche equivoca espressione, e qualsivoglia discorso che possa ledere il Governo, il buon costume e la decenza”.
Con una serata di gala si inaugurò la Casina. Quel giorno erano presenti le più alte autorità del Capovalle: l’Intendente Giovanni Daniele, il comandante colonnello Giovanni Pucci, il dott. Giuseppe Bordonaro, giudice della Gran Corte criminale, Baldassare Piazza, giudice del Tribunale civile, i deputati Agostino Lombardi, Ippolito Caruso, Maurizio Contarini, Vincenzo D’Amico e tanti altri nobili e possidenti in alta uniforme o negli abiti delle grandi cerimonie, accompagnati naturalmente dalle consorti e dalle figlie.
Fu il primo di una lunga serie di balli e di serate di gala.
La Casina ospitò anche dotte conferenze, serate artistiche e musicali e molte altre iniziative politiche e culturali, alcune delle quali (specie alla fine del secolo scorso) destarono anche qualche preoccupazione in città, come le conferenze sul divorzio o la manifestazione per la commemorazione di Giordano Bruno.
Ospitò il sovrano Ferdinando II e la consorte in visita a Girgenti, ma anche i garibaldini Bixio, Menotti e Dumas. Accolse i principi Amedeo di Savoia e Umberto e molti artisti celebri che facevano tappa a Girgenti perché impegnati in qualche rappresentazione al teatro Regina Margherita; o scienziati, uomini politici, illustri viaggiatori arrivati in città per qualche impegno o per qualche vacanza. Fu insomma per molto tempo il salotto buono della vecchia Girgenti, quello in cui accogliere gli ospiti più importanti.
Oggi funziona soprattutto come circolo ricreativo, dispone di varie salette per la conversazione e il gioco e di una piccola biblioteca con sala di lettura.