Una vecchia carta della Curia Vescovile in data 2 settembre 1626, dice testualmente: “Havendosi reconosciuto che la protezione della gloriosa Santa Rosalea, nostra advocata ha prevaluto appresso Dio Nostro Signore, dal quale abbiamo ricevuto la gratia et saluti di questa città, volendosi dunque conservari la memoria di questa gratia ricevuta, si ha deliberato costruire ed edificare una chiesa in questa città del titolo di detta gloriosa sancta Rosalea”.
Siamo nei terribili anni 1621-26, nei quali il flagello della peste desolò tutta l’Italia e mietè numerose vittime anche in Sicilia; ad Agrigento morì anche il Vescovo, che era allora il Card. Ottavio Rodolfo, venuto tra noi il 30 marzo 1623 e morto in Girgenti il 6 luglio 1621, pare vittima della peste, e sepolto in Cattedrale nella Cappella di Gesù Appassionato in un monumento oggi alquanto fatiscente. A Palermo il 15 luglio del 1624 venne ritrovato il Corpo di S. Rosalia in una grotta del Monte Pellegrino ed a tale invenzione si attribuì la cessazione del flagello.
Rosalia (o Rosalea come si diceva allora), divenne la patrona di numerose città di Sicilia e tra le altre ecco Girgenti che a due anni di distanza erige la sua Chiesa ad onore della Verginella palermitana, d’altronde legata ad Agrigento da antiche tradizioni, che la vogliono eremita penitente nella tetra spelonca della Quisquina.
Sono quindi ben 340 anni che la Chiesa di S. Rosalia, collocata nel centro geografico e spirituale della città, polarizza la devozione degli agrigentini alla loro Patrona secondaria.
Nella Chiesa sin dall’origine viveva una confraternita dello stesso titolo, che zelava il culto della Santa e la santificazione dei propri membri, come attesta lo stesso Registro della Curia.
Di essa facevano parte alcuni bravi secolari, come don
Andrea de Spoto, Girolamo del Giudice, Nicola Antonio
Pancucci, il notaio Francesco Cachia, che avevano chiamato il Rev. Don Lorenzo de Custanza ed alcuni altri canonici secolari di San Giacomo La Mazara, perchè esercitassero il ministero nella Chiesa, che celermente dovette quindi essere edificata
Il 2 settembre 1655 il Vescovo agostiniano, Ferdinando Sanchez, vissuto e morto in concetto di Santità, approva la congregazione e sodalizio di 40 membri, insigniti del titolo della Penitenza, i quali «hoc in anno in aedibus sacris collegii Sancti Georgii de Alga sub titulo Sanctae Rosalee hujusce Agrigentine Urbis propria fecerunt “
La Chiesa di S. Rosalia sorse quindi nella prima metà del sec. XVII e possiamo ben pensare che avesse quelle caratteristiche architettoniche, che abbiamo ammirato sino a 15 anni fa; l’interno con gli altari barocchi in legno, il coro delle monache accanto all’ingresso e l’altare centrale nell’abside adorna di stucchi del tempo; l’esterno era in pietra di tufo arenario, usata abitualmente in tutte le costruzioni sacre e profane di Agrigento sino ai nostri tempi, e si svolgeva in una dolce linea curva tra capitelli lavorati, sormontato da un campaniletto con le squillanti ed argentine campane.
Il 7 ottobre 1737, festa del SS. Rosario, il grande Vescovo Mons. Lorenzo Gioeni stabilì l’erezione di un Collegio “fondato sotto il titolo speciosissimo della S. Famiglia perchè istituissero Maestre le più prudenti e virtuose, acciochè insegnassero tutte le ragazze di qualsiasi ceto, così nel timore di Dio che nella dottrina cristiana ed in tutte le arti proprie donnesche senza ripeterne lucro e premio alcuno, ma a gloria di Dio soltanto e sotto l’istituto dell’ Em.mo Cardinale Corradini”.
Da quel giorno la Chiesa di S. Rosalia, appoggiata dal Collegio di Maria, sviluppò un notevole apostolato nell’ambiente femminile di Girgenti, curando la formazione di squisite anime, elle arricchirono la vita religiosa e familiare della città.
Così tra vicende or tristi ed ora liete continuò la vita in questo sacro angolo cittadino e si arriva ai nostri giorni, quando sotto Mons. G. B. Peruzzo (1932-1963) tutte le Collegine della diocesi vennero unite sotto un’unica Madre Provinciale ed il Collegio fu aperto anche alle studenti della provincia, che accorsero in buon numero per la posizione centralissima della casa, per il buon trattamento praticato.
Il 26 gennaio 1947 venne stabilita l’Adorazione perpetua diurna del SS. Sacramento e nel maggio del 1947, al termine della «Peregrinatio Mariae», la statua della Madonna di Fatima incoronata con aurea diadema dal Card. E. Ruffìni venne collocata in Chiesa per esservi venerata dai fedeli.
In tal modo la vetusta e gloriosa Chiesa è diventata il tempio dell’adorazione perpetua ed il santuario della Madonna di Fatima pellegrina ed incoronata.
LAVORI ED ADATTAMENTI
Appunto per la sua nuova funzione la Chiesa dovette subire riforme, che ne modificarono interamente la struttura interna; si costruì nel 1947 il tronetto dell’esposizione, a cui si accede attraverso due scalette in marmo, adattate nella curva dell’abside; nel 1949 si costruirono le due nicchie, in cui vennero collocate le statue della Madonna di Fatima e di S. Giuseppe, sistemate sulle rampe della scaletta del tronetto.
Nel 1951 sembrò, da qualche lesione verificatasi nel muro perimetrale di mezzogiorno, che si corresse pericolo per la sicurezza della stessa Chiesa e dei palazzi vicini; si rese quindi necessario l’abbattimento della secentesca facciata e la costruzione di pilastri di fondazione in cemento armato, che rassodarono tutto il tempio ed eliminarono il pericolo. Fu sacrificata la facciata, che per mancanza di mezzi non potè essere ricostruita e rimase quindi l’attuale sagoma provvisoria e senza grazia, ancora in attesa di sistemazione definitiva.
Nello stesso tempo il Rettore del tempo, P. Silvio Giuseppe Morosini procedette all’eliminazione di agrigentotutti gli altari secondari che ornavano la chiesa: lo scopo fu duplice e cioè concentrare tutta l’attenzione dei fedeli sul Divinissimo solennemente esposto, evitando la distrazione dei santi collocati sui vari altari ed ottenere maggiore spazio nella Chiesa, relativamente piccola.
Si perdette però tutto quel colore secentesco, che i nostri Padri avevano voluto e si ottenne una grande navata, certo più funzionale ed accogliente.
L’interno però rimaneva allo stato di restauri di almeno 70 anni fa; il pavimento era in piastrelle di cemento, spesso lesionati e corrose; l’intonaco delle pareti in buona parte caduto per l’umidità, anche dentro al presbiterio; talune lesene degli stucchi rotte e sconnesse, il tutto bisognoso di rinfrescatura e restauro.
GLI ULTIMI RESTAURI
La spinta alla sistemazione venne dalle recenti norme per l’altare liturgico ed ecco che dall’ aprile 1963 si sono svolti i necessari lavori; si cominciò col presbiterio, che venne tutto smantellato nel pavimento, nella balaustra, nell’altare; l’altare, così come era, venne collocato nella prima cappella a destra, che nella nicchia accoglie la statua di S. Rosalia, titolare della Chiesa, e serve d’altare del ciborio, cioè per conservare l’Eucaristia e per conservare l’Eucarestia durante l’esposizione; al suo posto nel centro del presbiterio venne innalzato il nuovo altare, consistente in una semplice mensa o tavolo, sostenuto da quattro colonne quadrate di botticino, poggianti su due ampi gradini mormorei, che permettono l’incensazione circolare. Il pavimento in mattonelle di cemento è stato rifatto in botticino ed anche la concavità della scala d’accesso al tronetto venne rivestita di marmo. La balaustra venne rimpicciolita a sinistra, perchè vi fu collocato l’ambone, voluto dalla riforma liturgica ed ottenuto con elementi della stessa balaustra, opportunamente sistemati. I Nel bel mezzo del presbiterio tra il giallo del botticino spicca una bella croce in verde delle Alpi. Sistemato il Sancta sanctorum si pensò a tutta la chiesa; venne perciò rifatto tutto l’intonaco, utilizzando speciali materiali idrofughi, tanto nella Chiesa che nel vano della sacrestia; si procedette quindi alla decorazione ed all’imbiancamento di tutti. Vennero costruiti ex novo gli stucchi del soffitto, diviso in tre scomparti e rifatti tutti quelli che il tempo il tempo o l’umidità aveva distrutto o guastati; si sistemò infine anche il pavimento e tutti quegli orribili mattoni con piastrelle di marmo percementizi vennero sostituiti e con marmo perlato di Sicilia, graziosamente separati da strisce di verde delle Alpi. L’aula sacra è adesso un ambiente sobrio e raccolto, d’una eleganza lineare e avvincente, che traspare dai colori delicati ed intonati, dalla bontà del materiale, dalla luce diurna che penetra dalle ampie finestre del mezzogiorno e dalla sapiente luce fluorescente, che inonda nella sera ogni angolo dall’alto dei cornicioni.
La parte tecnica è stata diretta dal prof. A. Prado ed eseguita per il presbiterio dalla ditta Salv. Raia di Ravanusa, per gl’intonaci dalle maestranze di Salv. Riggio e per il pavimento da G. Arnone; tutta la decorazione negli stucchi e nei colori è opera della ditta Guadagna, valoroso ed apprezzato artista agrigentino. Le spese nella loro quasi totalità sono state sostenute dalle Suore collegine, guidate dalla animosa anziana Superiora Caterina Cuzzaniti, che, a gloria di Dio e della Madonna, hanno speso generosamente i risparmi di tanti anni di sacrifici. Alcuni amici hanno offerto la somma di L. 350.000, tenue contributo d’amore a Gesù sacramentato ed alla Vergine Santa.
CHE RESTA ANCORA DA FARE?
E’ indispensabile ed urgente la ricostruzione della facciata, per la quale rivolgiamo un pressante invito alle Autorità cittadine e Regionali, perchè ci aiutino a ricostruire un caratteristico ambiente secen-tesco, costituito dalla facciata di S. Rosalia e del Purgatorio, Occorre anche un tronetto di marmo per l’Esposizione; tutti quegli stucchi devono cedere presto il posto ad un elegante e prezioso tronetto, che subito polarizzi l’attenzione e la preghiera. Il Divinissimo e la Vergine Pellegrina ed Incoronata ci aiutino nell’opera di fede e d’amore.
ANGELO NOTO