di Settimio Biondi
Chi volesse, con animo non alieno degli interessi sociologici, intraprendere il tentativo di scrivere una storia urbanistica di Girgenti-Agrigento dalla (ri)fondazione araba della città alla frana nel 1966, si scontrerebbe con l’imbattibile difficoltà della mancanza di fonti documentali e con un secolare vissuto di noncuranza liquidatoria e di silenziosa ricalcitrazione. Per l’ultimo lasso di tempo cronistorico ci soccorre in verità l’abbacinante dovizia della relazione Martuscelli, troppo vicina da poterne trarre un sereno profitto.
La storia di Agrigento si basa sulle fonti storiografiche generali e su alcuni documenti ecclesiastici e del potere Regio, specie per l’età aragonese. La loro caratteristica è la specificità mentre le fonti storiografiche generali sono state lungamente rilette e vanno ancora vagliate con insistenza alla ricerca di informazioni, di notizie o di indirette illuminazioni che si riferiscano agli uomini ed agli avvenimenti locali.
E’ tuttavia improbabile che resti ancora qualcosa da rinvenire, tra quei racconti e memorie della cronaca illustre generale, scritti sotto il nome di “storie” e di acconce particolarità di titoli da protagonisti e testimoni partecipi agli eventi, come fu dei vari Nicolò Speciale e Bartolomeo di Neocastro. O che rimangano altri documenti diplomatici ed ecclesiastici da specillare nel tentativo di suggerne qualche altro senso, di trarne una ulteriore favilla sopita o non scorta o qualche piccola specchiatura di valore mediato con cui reperire altri frammenti di conoscenza storica locale.
Per quanto riguarda l’età più antica e cioè quella araba, Michele Amari ha rintracciato, tradotto e ponderato tutte le fonti a suo tempo disponibili presenti nelle principali biblioteche d’Europa. Nel corpus da lui raccolto e discettato si trova anche la storia di Girgenti tra l’evanescenza del potere bizantino, la conquista araba e le vicende che ne affermarono non senza intestino travaglio il dominio.
giuseppe picone