
“Capitoli presentati dagli Agrigentini al viceré Nicola Speciale e da lui approvati il 6 giugno 1426, IV indiz. , costituirono il Regolamento Sul Lusso, che sanciva:
1. Che nessuna donna di qualsivoglia stato condizione e grado, possa portare addosso, né permetta ai suoi figlioli che portino ornamenti d’oro, né di perle, ammenchè tutti gli ornamenti d’oro, cioé collari, paternostri, cintura, o altro qualsivoglia non passi la somma e quantità di un marco d’oro.
2. Fra questi ornamenti non si contino gli anelli, oltre ai quali si possa portare la quantità d’oro di sopra espressa.
3. Possa pure portare perle coi mayoli, o paternostri, sì che le perle non passino il prezzo di due onze per una.
4. 1 Circelli di ogni guisa sono dell’intutto proibiti.
5. Possa portare qualsivoglia ornamento cli argento decorato, oro filato nei cayuli, fazzola e mandili.
6. Ove però sia quistione sul prezzo delle perle si intenda secondo la persona che la porta, o quella che per essa le comprò. Che se ne fosse difficile la prova, nel dubbio, si stia al giuramento del compratore.
7. Chi contravvenisse a questi divieti, sia in pena di onze 10, e perda gli ornamenti vietati, la quale sarà applicata metà al regio fisco e metà alla riparazione delle mura della città .
8. Sia lecito alle donne però portare xhannaca (collana) di qualsivoglia perle, o d’oro o d’altra guisa, sì che la valuta di detta xhannaca non passi formi 25, la quale valuta si possa dichiarare dal capitano e dai giurati.
9. I paternostri però possono portarsi a resta, o a scolla, o a bottoni in qualunque modo, e di che lunghezza loro piaccia, purché le perle, come sopra, non passino il prezzo delle due onze.
10. E’ permesso portare oro filato nei cayuli, nel rende/lo, nelle frange, salvo che non sia bordatura, la quale è proibita e portare altresì nelle anella tanto perle, quanto pietre preziose di qualsivoglia prezzo.
11. Nessuna donna possa portare roba con coda, né collare alto, sì che tutta roba sia per modo che va da rasa a quasi radente terra, sotto la pena predetta, ed oltre ciò ilMastru sarciaturi, o Custureri (il sarto) che la tagliasse con coda, sia tenuto come sopra alla pena di onze 5, e se non possa pagare, sia punito nel corpo d’arbitrio del capitano o dei giurati. Però, per ornamento della donna, la roba abbia un po’ di coda, per modo che non passi mezzo palmo, aliquatenus et non plus.
12. Nessuna donna possa portare panni imbroccati d’oro, né velluti involuttati, né bordatura alcune, sotto la pena predetta, e di perdere i panni, e il maestro imbordaturi, e custureri sia tenuto come sopra alla stessa pena.
13. Se la moglie, o le figlie di famiglia vestissero, o portassero chappa, o gonnella, o altra cosa contro la forma predetta, all’insaputa del marito o del padre, la moglie cada nella pena, da pagana sulla sua parte secondo la consuetudine, o sulla sua dote, se è maritata al gricisca (alla greca); per la figlia, però sia tenuto il padre, da poterla imputare sulla dote o sur altra ragione che le compete jure naturae, o successionis, o per altro diritto.
Nel dubbio però si presumerà che il marito sappia ciò che la moglie, e il padre ciò che facciano le figlie, perciò se l’una e le altre cadono nelle pene sopra dette, saranno tenute sopra la porzione che loro spetta
14. I sopra citati articoli si devono nel dubbio interpretare sempre a buon fine, sicché nel caso di minimo eccesso, tanto nella roba che nel valore degli ornamenti, sarà giudicato secondo arbitrio di rettitudine.
15. E’ proibito vestire novelli abiti di visito (di lutto), ammenché non si tratti della linea ascendente o discendente fino al proavo e al pronipote, e della traversa fino ai cugini carnali, e non più in là, e non si tratta di suocero e genero, nuora, cognato o cognata, ed estraneo che venga istituito erede universale.
16. Tutti gli abiti però siano senza coda radente terra, sotto pena di onze 10, da applicarsi metà al fisco, e metà alla maramma della città, nella qual pena caggia pure lu custureri, che quelle vestimenta tagliasse.
17. Chi non può pagare la pena, si deggia personalmente castigare ad arbitrio del giudicante, consideratis considerandis.
18. Nessun defunto possa essere accompagnato se non se da tre croci (tre compagnie), cioé la croce della chiesa principale, la croce della sua parrocchia e quella della chiesa dove sarà sepolto. Quando il defunto fosse della parrocchia della chiesa della cattedrale, possa pure avere le dette tre croci, purché non si passi quel numero, sotto pena do onza una da pagarsi metà alla maramma della chiesa maggiore, e metà alle mura della città.
19. Non suoni campana se non quella della chiesa ove sarà sepolto il defunto. Se si vogliono sonare altre campane, lo si potrà, purché non si spenda al di là di tarì 9 tanto per le campanè, quanto pel clero, sotto pena di onza una da applicarsi come sopra.
20. Nelle esequie non si possono portare al di là di 8 clanduni (torce) di un rotolo per uno, dietro la bara, e fino alla porta della chiesa, e nell’interno non si possa consumare pel clero più di rotoli 10 di cera, sotto pena predetta.
21. Non si possano fare né 9, né 40 (saranno i giorni di lutto) e negli anniversari si serbi la misura della cera e delle campane come sopra, sotto pena sopra detta.
Regolamento Sulle Feste
1. Si deggiano confermare e celebrare le feste del Natale con due giorni seguentì, quelle della Circoncisione, della Epifania, della Resurrezione, con due giorni seguenti, e quella del Corpo di Cristo, le cinque feste di Nostra Donna, cioé la sua Santa Concezione, Natività, Purificazione, Annunciatione, et Assumptione.
Item la festa di li Apostuli.
ltem la festa delli Evangelisti.
ltem di S. Micheli.
Item di S. Gerlando.
Item di S. Antonio.
E tutte quelle feste, che dì consenso del vescovo e del clero, saranno pronunciate e promulgate nella chiesa nei giorni dominicali.
2. Chi contravvenga, sia ad eseguire, sia a sollecitare la festa, cada nella pena di un augustale per volta, da pagarsene metà alla maramma della madre – chiesa e metà alle mura della città.
3. E’ proibita nelle feste la vendita del vino, sia in pubblico, che in privato, finché non saranno spacciate le messe, e in ispecialità quella della festa occorrente, sotto la pena di onza una, da pagarsi come sopra.
4. Non sia lecito ad alcun ebreo, durante la festa, operare, o fare servizio alcuno, salvo, che (maxime se sia ferraro) possa nella notte precedente alla festività, operare sino a che suonino i matutini nella maggior chiesa della città e in caso di contravvenzione, cada nella pena di un augustale, da applicarsi come sopra.
5. Durante la festività, nessuna meretrice faccia copia di sé, ove non siano spacciate le messe. In caso di contravvenzione paghi un augustale, ed un altro ne paghi il maschio che le si congiunse…..”