
Il posto della moderna Girgenti è l’acropoli dell’antica Agrigento. È capoluogo della provincia del medesimo nome. Ha quarantotto comuni colla popolazione complessiva di 289,018 abitanti.
I due circondarli, oltre quello di Girgenti sono quelli di Sciacca e di Bivona.
—Alberghi : Empedocle, Centrale, Belvedere o des Temples tenuto dal proprietario della Trinacria di Palermo.
Caffè: del Commercio, Gellia, Bella Napoli.
—Omnibus o vetture dalla stazione, o nell’interno della città.
Incominceremo colla visita della moderna Girgenti.
Meritano attenzione a preferenza gli avanzi del tempio di Giove Polieo del quale sono tuttavia visibili alcuni gradini appartenenti allo stilobate settentrionale, in cui poggiano sette tronchi di colonne scanalate.
Vuoisi che non sia stato condotto a fine, o che Falaride, invece d’impiegare il denaro a lui affidato dagli Agrigentini per condurlo a compimento, ne abbia fatto uso per impadronirsi della tirannide.
Sono anche interessanti i sotterranei nei quali si scende da Casa Valvo, per un’apertura, nella quale bisogna far uso della scala a pinolo. Vi si trova una specie di labirinto composto di corridoi e di stanze di ogni forma e grandezza, tagliati nella roccia calcarea , contenente avanzi di esseri organici. Da qualche tempo non si concede facilmente di scendere in questi sotterranei.
La Cattedrale, che è in cima alla città, merita di essere visitata.
L’ edifìzio in generalo è in parte conservato nel suo stile, come nella travatura caratteristica della grande nave; ma fu anche con cattivo consiglio modificato, in modo che le mura si trovano in parte imbiancate, e nel cappellone esibiscono certi stucchi, che devono dirsi i più brutti di cattivo gusto.
In una delle grandi cappelle può osservarsi un quadro rappresentante Maria Santissima col Bambino che si vuole di Guido Reni; ed in qualche cappella vi sono dei quadri dipinti dal canonico Nunzio Magro, che fu discepolo del Novelli.
In una camera annessa alla chiesa, ammirasi un antico sarcofago, che sino a poco tempo fa, trovavasi collocato da secoli nella chiesa, come fonte battesimale. Vi si vedono stupendamente effigiati gli amori di Fedra per il figliastro Ippolito.
Nella camera della computisteria della cattedrale si fa vedere un magnifico vaso greco-sicolo trovato in un sepolcro antico. Nell’ archivio si conservano delle pergamene dei tempi normanni.
Trai moderni edifizii bisogna additare il palazzo della prefettura, novellamente eretto dalla provincia, ed innanzi al quale si sono piantati dei giardini e dei passeggi; che offrono i più bei posti perchè la cittadinanza vada e ricrearvisi, godendo di un panorama sorprendente.
Nel nuovo edilizio del Municipio, entrando, leggesi su di una porta a dritta : Gabinetto Archeologico.
Vi si trova una nascente collezione di anticaglie, tutte ritrovate in Agrigento. Alcuni vasi fittili di classico disegno e di elegante fattura ritrovati in Agrigento si trovano nel Museo Nazionale di Palermo. Quel che qui sinora si è messo insieme è sufficiente a formare un buon nucleo di un importante museo. Vi si ammirano già molte opere figurine, e vi è un monetario, che era già nella biblioteca lucchesiana. Però, è stato accresciuto.
Una croce marmorea del XV secolo è di molta importanza. Vi è qualche quadro. Il busto dell’antico marchese delle Favare è del Villareale.
Per visitare le famose anticaglie, che rendono tuttavia splendida testimonianza della città di Agrigento, si esce per quel punto poco fa ricordato, e che ebbe per lungo tempo il nome di Porta di Ponte.
porta di ponteSulla sinistra è il convento di s. Vito, e dietro, la rupe Atenea, da dove come anche da Girgenti si gode di un magnifico orizzonte, che ha proprio delle attrattive, particolarmente nelle prime o nelle ultime ore del giorno, quando i raggi solari danno risalto agli angeli di quei magnifici tempii, che sembrano come indorati, e proiettano le loro ombre in mezzo ad una ferace e coltivatissima campagna. Lo spettacolo è sorprendente. Sulla rupe Atenea ora una volta un tempio dedicato a Giove Atabirio od a Minerva; ma non ne esistono avanzi.
La parte della città di Agrigento, che era in questo posto, si chiamò Camico. Al di là del fiume san Biagio, Agragas degli antichi, era Neapoli, o città nuova. In quel recinto del quale vedonsi chiari e pronunziati i limiti, era la parte migliore e più grande della città, come testimoniano tuttavia i magnifici monumenti, che vi si ammirano.
Nello scendere, offresi sulla diritta la chiesa di s. Nicolò, la quale merita una visita perché eretta nel secolo XV, e conserva tuttavia la sua genuina ed originaria forma. Fa pena però il vedervi adoperato del materiale, che una volta fe’ parte degli edifizii della civiltà antica. Li presso trovasi un edifizio impropriamente detto Cappella di Falaride, che in vero è un edifizio romano, del quale avrà potuto essere sacro il destino, ma in tempi assai posteriori a quel tiranno di Agrigento. Si va più giù, ed il viaggiatore trovasi incontro ad una linea per la quale sono distribuiti i più importanti avanzi dell’antica Girgenti. Questi tempii si possono oramai facilmente visitare, poiché in tempi vicini, si ha avuto il pensiero di renderne facile l’accesso per la via a ruota. Noi consigliamo il viaggiatore a visitare pria degli altri tempii quello della Concordia. Poscia quello di Giunone Lacinia o Lucina. Poi quello di Ercole, e quindi il tempio di Giove Olimpico o dei Giganti per dare poi uno sguardo a quel che rimane del tempio di Castore e Polluce, nel quale si pretese di fare un tentativo di ricostruzione per nulla felice.
Ecco la descrizione di ognuno di essi monumenti, secondo l’ ordine da noi enunciato.
tempio della concordia- Il tempio della Concordia ha il pregio di essere il meglio conservato. Influì molto a questo, l’essere stato per molti secoli dedicato al culto cristiano, quantunque nello mura della cella siensi aperti degli archi, che ne alterarono l’integrità. Questo tempio è adorno da trentaquattro colonne con venti scanalature, senza base, e poggianti su quattro gradini, che sostengono la trabeazione. Ha due prospetti, l’uno ad oriente, l’altro ad occidente con due colonne al portico e due al pronao della cella, con dei pilastri. Dalla parte orientale della cella vi sono due scale, per le quali si salisce al soffitto; quella a sinistra di chi entra è tuttavia praticabile. La lunghezza del tempio è di metri 42, 12; la larghezza di 19 e 68; l’altezza presa dall’ultimo gradino è di 10, 01.
Una iscrizione latina, rinvenutavi nel passato secolo, o che non poteva appartenere a questo edifizio, gli fè’ dare il nome di tempio della Concordia. Il tempio è di architettura dorica, l’iscrizione è romana, dunque nessuna connessione tra l’ edifizio e la lapide, che gli archeologi, per quanto sappiamo , non han potuto finora conoscere a quale edifizio avrà potuto appartenere.
tempio di giunone- Il tempio di Giunone Lacinia o Lucina poggia su di una magnifica gradinata, ed è di bella architettura. E’ di forma rettangolare. Sorge su di un alto basamento, sormontato da quattro gradini. Trentaquattro colonne con venti scanalature, formano il peristìlio, di cui tuttora esiste gran parte con capitelli, architrave ed una parte del fregio. Sei delle colonne sono situate ai lati minori, e tredici ai maggiori, comprese lo angolari. La cella ha quattro colonne, cioè, due al portico, e due al pronao. Ai due lati della porta della cella si vedono gli avanzi di due scale, che conducevano al soffitto. La lunghezza di questo tempio, presa al di fuori delle colonne, è di metri 40 e 98; la larghezza di metri 19 e 53 e l’altezza ielle colonne, compresi i capitelli, è di metri 6 e 08.
- Il tempio di Ercole è celebre perchè era decorato di oggetti rarissimi e ricchissimi. Alcuni anni or sono, vi si rinvenne una statua di Esculapio, che conservasi nel Museo Nazionale di Palermo. Questo tempio ora adorno di trentasette colonne scanalate, quindici per ogni lato, e sei, comprese le prime angolari, in ogni prospetto. La cella era cinta di mura con due colonne al pronao, e due al portico. Pelle sue rovine rimangono tuttavia massi riquadrati, colonne distese a terra, capitelli, teste di leoni scolpite, frammenti di alto rilievo, pezzi di fregi della trabeazione, alcuni dei quali sono scolpiti, alquanto rilevati, e dipinti con colori rossi, turchini e con fini disegni greci, con testo di leoni, una mezza colonna, elio sta tuttora in piedi, ed altri rottami. Vi si osserva gran parto dei gradini. La sua lunghezza , compresi i gradini, è di metri 73, 42, la larghezza di 19 metri e 68. Ha due colonne al pronao e due al portico. Un piccolo muro divide in tre cellette l’epistodomo, particolarità, che non si osserva in alcun altro tempio greco. Nella cella non si sono rinvenute tracce di colonne. Due scale ai lati del portico conducono al soffitto. Secondo il chiarissimo duca di Serradifalco questo tempio era ipetro, cioè senza tetto, e lo adornavano belle pitture e sculture. Questo tempio viene considerato come un capo d’opera greco, interessante non meno per l’architettura elio per l’archeologia.
- Il tempio di Giovo Olimpico era il più vasto e magnifico che fosse in Sicilia, però, non ne rimangono che ingenti masse, le quali sono oltremodo imponenti, o fan conoscere di quali grandi proporzioni doveva essere. Quello poi che rendono singolari queste rovine sono lo cariatidi detto volgarmente Giganti. Di quelle cariatidi, una che vi si ammira, formata da varii pozzi accozzati dalla industria del professore Raffaele Politi, serve a potersi il viaggiatore formare l’idea della grandiosità del tempio, del quale fortunatamente Diodoro Siculo ci ha lasciato la descrizione, dalla quale si desume che nell’esterno era cinto di un muro decorato in ognuno dei due lati da quattordici colonne ad ognuna delle quali corrispondeva nell’intorno un pilastro; così che ciò che nella parte esterna era colonna, nell’interno era pilastro, eccetto però le angolari, che erano di forma cilindrica.
Dei due prospetti minori, quello che guarda l’occidente aveva sei colonne, compreso le primo angolari, delle quali rimano tuttavia un avanzo verso occidente, l’altro lato ad oriento ne aveva sette.
L’interno del tempio era diviso nella sua larghezza in tre scompartimenti da due fila di pilastri (dodici per ogni lato) e da un muro. Il pronao era anche esso diviso dalla cella da un piccolo muro. Dalle imponenti rovine del tempio di Giove Olimpico si può dare uno sguardo ad un monumento di forma quadrilatera che termina in piramide, e che vien detto Sepolcro di Terone. Alcuni lo credono un edifizio greco, ma piuttosto è da dire col duca di Serradifalco che sia di epoca romana.
tempio dei dioscuri- Il tempio di Castore e Polluce, che era adorno di trentaquattro colonne, offre la restaurazione di un angolo, che fu formato cinquantanni fa in circa, o che può far conoscere di quale finito lavoro esso era; ma bisogna convenire che un tale restauro non fu molto felice. Del Tempio di Vulcano ci basta dire che consiste in due colonne senza baso, con canali striati, piantate sopra alcuni gradini, che poggiano in parte nelle fondamenta. Dai ruderi, che vi esistono si è rilevato che questo tempio è di architettura romana, ed oramai nonaltro offre che un sito pittoresco. Il tempio di Esculapio vien ricordato da tre gradini su cui poggiano i pilastri o le mura della cella, con due mezze colonne senza base, d’ordine dorico e scanalate.— Questo è quanto abbiamo creduto opportuno di ricordare in queste pagine, e che ci sembra sufficiente per il viaggiatore
- — Agrigento, fu edificata dai Geloi 584 anni pria di Gesù Cristo. Nei tempi della civiltà antica era la seconda città della Sicilia, e che si vuole abbia annoverato 800000 abitanti. Fu patria del celebre filosofo Empedocle. Venne distrutta da Annibale Cartaginese 405 anni pria di Gesù Cristo. Nell’anno 236 pria dell’era cristiana, sebbene non restituita all’antica grandezza, si contava fra le città ragguardevoli di Sicilia. Asdrubale generale Cartaginese la distrusse in gran parte per opera di Cartalone suo luogotenente, il quale fece anche smantellare le sue muraglie.
Dalla stazione di Girgenti la ferrovia continua verso la spiaggia, ed incontra subito la galleria di Spina Santa lunga metri 107, 50, e poi altra detta del Mulino a vento lunga 402, 60. Passa quindi per l’ardito viadotto del Fontone. Segue la galleria della Meta lunga metri 241, 33. Il convoglio trovasi quindi come per incanto su di un altro viadotto chiamato dell’Agragas, dall’antico nome del fiume, passando in mezzo alle famose anticaglie, venerandi avanzi dell’ antica civiltà ed arte greca. Dopo di essersi percorsa l’ultima galleria chiamata di Coos della lunghezza di metri 475 si arriva al marittimo comune di Porto Empedocle (6956) che sino a pochi anni fa non era che una piccola borgata con un castello, ed ora è un municipio, che prospera per il commercio che sarà sempre crescente per via del molo, che vi si costruisce.
Salvatore Lanza di Trabia, Nuovissima Guida pel Viaggiatore in Sicilia, Palermo 1884