Dopo aver preso definitivamente possesso del regno di Sicilia, cioè con l’incoronazione a Palermo nella notte di Natale del 1130, il sovrano normanno Ruggero II diede vita ad un’organizzazione amministrativa efficiente in tutta l’Isola. Con questo sovrano si ebbe il primo Regno di Sicilia. Esempio senza precedenti in Europa di uno stato moderno.
Il vescovo Gualtiero della Diocesi di Agrigento partecipò alla incoronazione di Ruggero II e alla consacrazione della Cappella Palatina di Palermo (1140), siglando successivamente l’accordo per la distribuzione delle decime tra Agrigento e la Cappella Palatina. Ruggero II con un diploma de 1145, a modifica di quanto stabilito dal Conte Ruggero I, obbligò infatti tutti i siti demaniale facenti parte della Diocesi di Agrigento a versare un terzo delle decima direttamente alla Cappella palatina di Palermo e i due terzi alla Diocesi.
Tutte le città maggiori della Sicilia, quindi anche Agrigento, vennero controllata direttamente dalla Curia o corte regia, che aveva sede a Palermo. Agrigento era stata dichiarata città demaniale e quindi era direttamente governata dal re.
L’istituzione principale era un ufficio amministrativo e finanziario che aveva sede a Palermo la cosiddetta dohana a secretis. Una sorta di ufficio fiscale che censì ad Agrigento le proprietà attraverso catasti scritti delle terre e dei contadini. Era questo il sistema di base dell’imposizione fiscale. Durante il normanno Ruggero II ebbe notevole importanza per i traffici commerciali che vi si svolgevano e le promettenti entrate fiscali il caricatore di Girgenti. Come vennero anche create nuove importanti regie trazzere per lo sviluppo delle comunicazioni e dei commerci. Ricordiamo in particolare la creazione della regia trazzera che collegò Agrigento con Sutera.
Ruggero II costrinse i signori feudali agrigentini a giurargli fedeltà e ricevere da lui come feudo i poteri giudiziari, fiscali e militari che già esercitavano. Si formarono così ad Agrigento i primi veri baroni. Ruggero secondo nominò ad Agrigento inoltre nuovi funzionari, i camerari e i giustizieri, che amministravano la giustizia in suo nome del re, prelevavano le tasse, curavano i beni demaniali e controllavano la feudalità. Impose amministratori e giudici di nomina regia nella città di Agrigento per limitarne l’autonomia. I magistrati sparsi nelle province erano chiamati iusticiarii e connestabuli.
In genere Ruggero II sceglieva i suoi collaboratori anche nelle città sulla base delle qualità personali e delle esperienze dimostrate. Le loro funzioni non erano rigidamente distinte, ma venivano assegnate secondo le competenze e le necessità.
Ciò rese potenti fin da questi tempi coloro che ad Agrigento vennero ad avere tali incarichi. Tra i giudici di Agrigento del tempo ricordiamo Paolo de Cefalo e Guglielmo da Cosenza, tra i notai, Nicolò da Longobuco (ricordati dallo storico Paolo Collura).
La città di Agrigento del periodo di Ruggero secondo è quella descrittaci dal geografo Al Idrisi che proprio per conto di questo re compilò “Il libro di Ruggero”, dettagliatissima carta geografica della Sicilia redatta nel 1.154 d. C.
di Elio Di Bella